Sono 3 anni che “seguo” il cervo per una bella foto. Il periodo migliore, come noto, è quello del bramito quando i cervi sono in amore sia perché sono più distratti sia perché ci si può avvicinare ascoltando.
Anche quest’anno mi stavo rassegnando, ma un presentimento che poteva essere il giorno giusto mi fa alzare domenica dopo 3 ore di sonno per andare con Marco nei pressi di Ostana, in Valle Po.
Siamo solo in due e consapevoli del periodo delicato per loro, ci muoviamo con circospezione facendo meno rumore possibile.
Giriamo per un’oretta intravedendo qualcosa, sentendo diversi cervi bramire fino ad arrivare ad un bosco rado dove il verso si fa sempre più insistente. Ci fermiamo e aspettiamo.
In poco tempo il bramito lascia spazio ad un rumore più sordo e continuo, quasi inquietante, fino al momento in cui assistiamo (senza vedere) ad un combattimento: 2-3-4-5 cornate che rimbombano nel bosco. Nel frattempo le femmine, già nei pressi dei maschi, vanno e vengono all’apparenza senza una meta. Nell’aria si sente un gran fermento e si percepisce che sta succedendo qualcosa di importante.
Dopo qualche secondo di silenzio, uno scende.
Ora lo vedo è davanti a me, stremato con la lingua di fuori, non si accorge che sono a pochi metri da lui scatto qualche foto, mi nota e cambia leggermente direzione, ma non scappa. Bramisce e torna dove il bosco si fa più fitto.
Ecco ora ho la mia foto del cervo (quasi) perfetta, ma questa giornata mi ha lasciato qualcosa di diverso… è si vero che eravamo in un bosco molto antropizzato, a pochi minuti dalle case, ma in quel momento mi sono sentito di troppo; bastava far un po’ di rumore per alterare quel delicato equilibrio e magari cambiare le sorti di uno di quei maschi.
Con questo non voglio dire di non andare a fotografare i cervi (o altri animali) e io stesso continuerò a farlo, ma facciamolo con rispetto e senza l’ossessione del “trofeo”, che fortunatamente per noi fotografi è solo uno scatto da poter condividere sui social o una stampa da appendere al muro.